Viva l’Architettura
4 architetture
4 territori
nel paesaggio metropolitano
di Milano
AREA DI INDAGINE
4 Comuni del territorio metropolitano di Milano e 4 opere del Novecento:
Sesto San Giovanni – Sede Campari di Mario Botta e Giancarlo Marzorati
Paderno Dugnano – Biblioteca Tilane di Gae Aulenti
San Donato Milanese – Chiesa di Sant’Enrico di Ignazio Gardella
Segrate – Municipio e centro civico di Guido Canella
FOTO
Alessandro Guida
TESTI - RICERCA
Viviana Rubbo
ANNO
2020
COMMITTENTE
Il progetto è stato realizzato per la Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano, e finanziato attraverso un bando della Fondazione Cariplo.
La supervisione del racconto fotografico è stata condotta da Giovanna Calvenzi, photo editor e esperto per la Fotografia del Comitato Scientifico istituito appositamente per il progetto “Viva l’Architettura”.
IL PROGETTO INTEGRALE*
Il progetto integrale è visionabile al link:
https://www.vivalarchitettura.it/un-racconto-fotografico-di-urban-reports/
*I contenuti di questa pagina sono il nostro contributo
ad un progetto realizzato come collettivo Urban Reports
IT
Questo racconto fotografico prende forma nell’ambito del programma culturale “Viva l’architettura! Arti, musica e spettacolo nella Città Metropolitana”, un progetto promosso e diretto dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano, volto alla promozione del patrimonio architettonico diffuso nella Città Metropolitana di Milano. Partendo da quattro emergenze del Novecento che hanno ospitato gli eventi del programma*, la ricerca fotografica coglie l’occasione per riposizionarle sulla mappa del territorio metropolitano sollecitando una riflessione sulla geografia urbana in cui sono inserite, sulla relazione che instaurano coi luoghi e, con uno sguardo più ampio sui processi di trasformazione che, solo nell’arco dell’ultimo secolo, hanno modificato il paesaggio di questi territori.
Le architetture attorno a cui ruota il racconto sono quattro. La nuova sede Campari di Mario Botta – Giancarlo Marzorati che si inserisce, una decina di anni fa, nel cuore densamente urbanizzato della città di Sesto San Giovanni, andando a risignificare il lotto che, da oltre un secolo, ospitava lo stabilimento della famiglia. La chiesa di Sant’Enrico di Ignazio Gardella che nasce nel 1966 sul limite di Metanopoli, quartiere concepito e realizzato dall’ENI sul territorio di San Donato Milanese nel lontano 1952, con la prospettiva di un ampliamento urbano mai compiuto. La chiesa ha rappresentato, da allora, il punto di cesura tra l’area urbana e la campagna agricola, limite che oggi viene meno con la trasformazione delle preesistenze rurali in nuovi complessi residenziali. La Biblioteca Tilane di Gae Aulenti, intervento inaugurato nel 2009, che si inserisce sull’impronta di un opificio, abbandonato e poi demolito, per assegnare una nuova centralità alla città di Paderno Dugnano, un territorio policentrico, molto costruito ma poco interconnesso al suo interno. A Segrate, l’edificio di Guido Canella nasce come municipio e centro civico, per assumere solo in un secondo momento il ruolo di centro culturale Giuseppe Verdi. Anch’esso risalente agli anni 1963-66, si inserisce in un contesto territoriale che di lì a pochi anni avrebbe subìto delle mutazioni profonde. Un territorio prevalentemente agricolo fino agli anni ’60 e caratterizzato da piccoli nuclei storici, alcuni ancora riconoscibili, diventa una realtà molto complessa risultante da una intensa produzione edilizia degli anni ‘70-‘90 e dall’insediamento di una moltitudine di piccole-medie imprese insieme alla localizzazione di grandi multinazionali nonché, all’incremento di infrastrutture logistiche e del trasporto: un luogo e tanti microcosmi.
EN
This photographic campaign is part of the cultural programme “Viva l’architettura! Arti, musica e spettacolo nella Città Metropolitana”, a project promoted and directed by the Fondazione Ordine Architetti di Milano, aiming at promoting the architectural heritage in the Metropolitan City of Milan. Starting from a selection of four 20th-century buildings that have hosted the events of the programme*, the photographic research takes the opportunity to position them on the map of the metropolitan territory, with the aim to stimulate a reflection on the urban geography in which they are contained.
What is the relationship that they establish with the places and, with a wider look, with the transformation processes that have modified the landscape during the last century?
The story focuses on four masterpieces. The new Campari headquarters by Mario Botta – Giancarlo Marzorati, built about ten years ago in the densely urbanised heart of the city of Sesto San Giovanni. The Architecture re-designs the block that housed the family’s factory for over a century. Ignazio Gardella’s church of Sant’Enrico was built in 1966 on the edge of Metanopoli, a district conceived and built by ENI in San Donato Milanese back in 1952, with the prospect of an urban expansion that was never completed. Since then, the church has represented the separation point between the urban area and the agricultural countryside, a boundary that is now broken by the transformation of pre-existing rural buildings into new residential complex. Gae Aulenti’s Tilane Library, inaugurated in 2009, fits into the footprint of a former factory, abandoned and then demolished, to give a new centrality to the city of Paderno Dugnano, a polycentric area, highly built up, but poorly interconnected. Finally, in Segrate, Guido Canella’s building began its life as a town hall and civic centre, only later taking on the role of the Giuseppe Verdi cultural centre. Also dating back to 1963-66, it is part of a territorial context which in only few years would have experienced profound changes. An area that had been mainly rural until the begining of the years 1960s, featured by small historic nuclei, some of which are still recognisable. It has then become a very complex reality resulting from the intense urban production of the 1970s-1990s and the arrival of a multitude of small and medium-sized businesses together with the localisation of large multinationals and the increase in logistical and transport infrastructures: one place and many microcosms.
Sesto San Giovanni
La nuova sede Campari viene costruita nel 2009 a Sesto San Giovanni, non in un luogo qualunque, ma sul medesimo sito che ne ha visto nascere gli stabilimenti nel lontano 1902. In quegli anni si insediarono sul territorio comunale molte delle più importanti realtà imprenditoriali del panorama nazionale nei settori metalmeccanico, siderurgico, chimico e alimentare: le Società Breda, Marelli e Pirelli, le acciaierie Falck, le distillerie Moroni e la Maggi, per citarne alcuni. Si andava formando un centro della produzione e della cultura industriale che ha valso alla città l’appellativo di “piccola Manchester”. Oggi Sesto conta 80.000 abitanti.
La Campari, che ha attraversato con la sua storia tutto il Novecento, si trova oggi nel cuore del nucleo urbano. Nel 2004 la società sposta la produzione a Novi Ligure e decide di costruire sullo stesso sito degli stabilimenti originari – di cui mantiene traccia nello spazio museale e nella storica villa, oggi ristorante – il nuovo quartier generale, reinterpretando e ridefinendo il proprio ruolo nello spazio urbano cresciuto intorno al vuoto lasciato dai laboratori.
Una serie di edifici dalle forme imponenti che riassegna alla dimensione produttiva dell’azienda una valenza culturale e urbana capace di rinnovare il dialogo con la città presente. Sesto è una città densa, tagliata in due da vere e proprie linee di faglia (la ferrovia, i grandi viali di attraversamento) e un aggregato di quartieri fortemente caratterizzanti: la vecchia Sesto che si addossa alla ferrovia, i bruschi cambi di scala del quartiere centrale (Isola del Bosco/delle Corti), la crescita urbana che ridisegna gli immensi lotti industriali dismessi nella parte sud-ovest lungo il confine con Milano, le forme residenziali del quartiere operaio novecentesco (Rondò/Torretta), gli interstizi nascosti lungo i limiti di faglia, luoghi di scissione, la sovrapposizione della rete viaria che unisce i piani e taglia l’orizzonte.
Una struttura industriale e produttiva che ha scandito la crescita progressiva della città. L’arresto negli anni ’90 del Novecento ha decretato la fine di un’epoca, e lasciato dietro di sé un patrimonio fisico e culturale che è in parte riutilizzato, convertito o ancora abbandonato.
La città produttiva si aggrappa alla città abitata per ritrovare un senso nella realtà presente. Dietro cortine di muri chilometrici, si estendono aree immobili, sospese nel tempo. Solo le acciaierie Falck occupano oggi il 10% del territorio comunale, imponendo un ripensamento che, considerata l’entità delle aree, non può riguardare la sola città di Sesto, ma travalica i confini comunali. Immobili e secolari, i giganti di metallo aspettano un segno di rinascita.
The new Campari headquarter was built in 2009 in Sesto San Giovanni, not in any place, but on the same spot that saw the birth of the production plants back in 1902. In those years many of the most important entrepreneurial realities in the fields of engineering, steel, chemical and food, settled in the municipal area: Breda, Marelli and Pirelli, the Falck steel mills, the Moroni distilleries and Maggi, to name a few.
A center of production and industrial culture was being formed that earned the city the nickname of “little Manchester”. Today Sesto San Giovanni has 80,000 inhabitants. Campari, whose history has crossed the twentieth century, is now located in the heart of the urban area. In 2004 the company moved the production to Novi Ligure and decided to build the new headquarter on the same site as the original factories, reinterpreting and redefining its role in the urban space grown dense around the void left by the laboratories. A number of buildings with imposing shapes reassign a cultural value to the productive dimension of the company capable of renewing the dialogue with the city of today.
Sesto San Giovanni is a compact urbanized area cut in two by real fault lines (the railway tracks, the boulevards). Neighbourhoods whose characters are very peculiar: the old city that leans against the railway, the abrupt changes in scale of the central neighborhood (Isola del Bosco / delle Corti), the regeneration process that involves the endless abandoned industrial lots along the south-west borders with Milan, the residential forms of the twentieth-century working-class district (Rondò / Torretta); the hidden interstices along the track-lines, places of splitting, the overlapping of the road network that unites the planes and cuts the horizon.
An industrial and productive structure that has marked the progressive growth of the city. The arrest in the 90s of the twentieth century marked the end of an era, and left behind a physical and cultural heritage that is partly reused and converted, yet, most of it, is still abandoned.
The productive city clings to the inhabited city to rediscover its meaning in the present reality. Behind curtains of kilometer-long walls, static and silent areas extend, frozen in time. The Falck steel mills alone occupies the 10% of the municipal area, imposing a radical change which, given the size of the areas, cannot concern the city of Sesto San Giovanni alone, but goes beyond the municipal boundaries. Still and centuries-old, the metal giants await a sign of rebirth.
Paderno Dugnano
Paderno Dugnano è la città dei quartieri. Un territorio molto complesso che si compone di sette realtà che sono mondi a sé. In assenza di un centro riconoscibile e riconosciuto, Paderno Dugnano è “quasi più connessa a Milano” che all’interno del proprio territorio, che si legge frammentato e disperso; un susseguirsi di configurazioni spaziali diverse e autonome, tra cui vaste aree parcheggio sui limiti comunali, nei pressi dei grandi accessi autostradali e a servizio di centri commerciali e di multisala.
Un tessuto urbano diffuso, ma meno denso di Sesto, in cui la contaminazione tra funzioni produttive e abitato produce nuovi spazi ibridi, sovrapposizioni, parziali trasformazioni; coesistono ancora una dimensione industriale e produttiva, capannoni attivi o parzialmente in uso e case unifamiliari di inizio Novecento. È un’industria che ha modificato e ridisegnato grandi porzioni di una regione originariamente agricola e che, a partire dagli anni ’60, ha cambiato volto in maniera prepotente. Nel 1951 il Comune conta 14.000 abitanti, nel ’61, 31.700.
La crescita industriale ha cambiato la fisionomia di questo territorio, ma oggi, anche questa, va man mano perdendo consistenza, e al di là di qualche frammento, tende a svanire. È allora sulle ceneri di un opificio che sorge nel 2009, per opera di Gae Aulenti, la Biblioteca Tilane. Concepita come luogo ‘officina’, laboratorio di cultura, il riuso dello spazio dismesso ambisce a ricreare un luogo, una piazza, non solo del quartiere ma della città tutta, spazio di incontro e aggregazione, di riconnessione, in una geografia molto dispersa.
Un tessuto residenziale molto variegato che, di luogo in luogo, traccia la storia di epoche diverse: una striscia di casette unifamiliari nel Villaggio Ambrosiano, piccole palazzine e grandi condomini nati lungo gli assi di collegamento con Milano; connessioni che sono anche limiti fisici che impediscono l’attraversamento e il collegamento tra le diverse parti della città. Anche qui la ferrovia è una spina dorsale, un fronte che delimita spazi, include e esclude.
Paderno Dugnano is the city of the many districts. A very complex territorial coalescence made up by seven different realities, worlds on their own. Lacking a center, Paderno Dugnano is “more connected to Milan” than within its own territory, which can be described fragmented and dispersed; a number of autonomous spatial configurations, including large parking lots on the municipal boundaries, nearby major motorway accesses and serving shopping centers and multiplex.
A widespread urban fabric, but less dense than Sesto San Giovanni, in which the contamination between productive and inhabited functions produces new hybrid spaces, overlaps, partial transformations; the industrial and productive dimension still coexist: active warehouses or partially in use and single-family houses from the early twentieth century.
The industrial growth has modified and redesigned large portions of what originally was the rural region then suddenly and drastically changed starting from the 1960s. In 1951 the Municipality had 14,000 inhabitants, while in the year 1961, 31,700. Today again, the geography of this territory is gradually losing consistency, and with the exception of few fragments, it tends to vanish. It is then on the ashes of a factory that the Tilane Library was built in 2009 by the architect Gae Aulenti. Conceived as a ‘workshop’, a laboratory of culture, the reuse of disused space aims to recreate a center, a agora, not only for the neighborhood but for the city as a whole, a space of aggregation to reconnect all the different pieces in a very dispersed geography.
A varied residential fabric that, from place to place, traces the history of different eras: a strip of single-family houses in the Ambrosiano Village, small buildings and large condominiums built along the axes connecting to Milan; links that are also physical limits that prevent the cross-connections between the different parts of the city. Here, too, the railway is a backbone, a barrier that marks spaces, includes and excludes.
San Donato Milanese
Entriamo a San Donato Milanese dalla campagna. Poasco e Sorigherio sono piccoli borghi residenziali nei pressi dell’Abbazia di Chiaravalle, che si sono sviluppati intorno alle preesistenze di imponenti cascinali in un territorio prevalentemente agricolo fino al secondo dopoguerra. Siamo in quel che oggi è il Parco Sud di Milano. Su questo territorio troviamo la Chiesa di Sant’Enrico, realizzata tra il 1964 e il 1966 da Ignazio Gardella.
L’edificio sorge sui limiti dell’insediamento di Metanopoli; oltre, solo le ultime borgate rurali, come Monticello, un complesso di cascine storiche che ha perduto il legame produttivo con la terra e diventerà presto un nuovo quartiere residenziale della città. La chiesa “nasce per gli operai che da tutta la regione e da mezza Italia si sono trasferiti qui negli anni in cui nasceva l’Ente Nazionale Idrocarburi”, racconta Don Gaetano.
Metanopoli viene pianificata come una città di nuova fondazione, progettata e concepita come spazio urbano ideale di vita e produzione. Una città aziendale: il quartiere residenziale con le abitazioni dei dipendenti, la chiesa, gli impianti sportivi, il centro direzionale, gli uffici centrali delle società del gruppo, il quartiere scientifico e i laboratori, le officine e i magazzini, la stazione di servizio e di rifornimento. Un luogo per abitare, lavorare e vivere immersi nel verde. “L’ENI ha fatto San Donato” ci dicono due ex dipendenti in pensione che passeggiano attorno al Laghetto Europa, uno dei molti parchi urbani di questa zona.
Da allora il quartiere è una realtà internazionale molto più connessa con Milano e col mondo, soprattutto grazie all’aeroporto di Linate e alla sua posizione strategica sui grandi assi di collegamento autostradale, che con l’altra umanità che abita i quartieri al di là degli storici cancelli dell’azienda. Anche a San Donato è difficile riconoscere un centro; quello che appare è piuttosto un’aggregazione di identità distinte e, forse, molto distanti. aspettano un segno di rinascita.
We enter San Donato Milanese from the countryside. Poasco and Sorigherio are small residential villages near the Abbey of Chiaravalle, which developed around the pre-existing imposing farmsteads in what has been a predominantly rural region until the second post-war period. We are in what is now the South Park of Milan. On this territory we find the Church of Sant’Enrico, built between 1964 and 1966 by Ignazio Gardella. The building stands on the limits of the settlement of Metanopoli; beyond that, only the last rural villages, such as Monticello, a complex of historic farmhouses that has lost its productive link with the surrounding lands and will soon become a new residential area of the city. The church “was born for the workers who moved here from all over the region and from many places in Italy when ENI – the National Hydrocarbons Body was born”, says Don Gaetano.
Metanopoli is planned as a newly founded city, designed and conceived as an ideal New Town. A corporate city: the residential district with the employees’ homes, the church, the sports facilities, the business center, the central offices of the group companies, the scientific district and laboratories, workshops and warehouses, the service and refueling station.
A place to live, work and live surrounded by greenery. “ENI has made San Donato” tell us two retired former employees who stroll around Laghetto Europa, one of the many urban parks in this area.
Since then the district has been an international reality much more connected with Milan and with the world, mostly thanks to the Linate airport and its strategic position on the major motorway connection axes, than with the other humanity that inhabits the districts beyond the historic gates of the company. Even in San Donato it is difficult to recognize a center; what appears to our eyes is rather an aggregation of distincts and, perhaps, very distant identities.
Segrate
L’opera di Guido Canella risale al 1966. Il centro culturale Giuseppe Verdi è un edificio complesso, “planimetricamente e morfologicamente, con piani e volumi a incastro che ruotano attorno al nucleo centrale distributivo”. Una volumetria avvolgente che accompagna lo sguardo verso l’esplorazione dello spazio, un sali-scendi di scale, rampe e passerelle che articolano il volume che accoglie multiple funzioni: biblioteca, laboratori e l’auditorium, uno spazio maestoso, accogliente e protettivo, illuminato dalla grande finestra tonda che proietta all’esterno.
Un luogo pubblico che ha nutrito nel tempo la valenza civica di questo spazio; un punto fermo nella comunità di Segrate. La città oggi è molto diversa da quella con cui si è confrontato Guido Canella negli anni ‘60. Allora, oltre al nucleo storico di Segrate, il territorio era costellato di tante piccole borgate rurali e grandi cascinali. Un mondo agricolo che nel giro di pochi decenni è stato spazzato via. L’infrastruttura aeroportuale, la costruzione del grande terminal ferroviario e dei vasti impianti logistici hanno attratto grandi aziende e multinazionali che hanno scelto questo territorio come quartier generale e luogo di residenza dei propri addetti. Di pari passo alla nascita dei distretti industriali, la creazione di nuove lottizzazioni a carattere residenziale. “Per costruire Milano Due, hanno acquistato tre grandi cascine coi terreni annessi” ci racconta un passante loquace.
Nascono tante aree satellite, tante realtà mono-funzionali e autonome, incapaci di dialogare le une con le altre. Tra queste si inseriscono i corridoi della distribuzione, gli accessi alle zone industriali e ai nuovi cantieri dell’infrastruttura trasportistica che continua ad accrescere la connettività del mondo imprenditoriale di Segrate con l’esterno e intanto crea isole inaccessibili in un arcipelago urbano.
Tra cluster industriali più o meno recenti, gli spazi al di sotto della grande rete viaria si riscoprono luoghi della collettività plurale e metropolitana.
Guido Canella’s work dates back to 1966. The Giuseppe Verdi cultural center is a complex building, “planimetrically and morphologically, with interlocking floors and volumes that revolve around the central distribution core”. The volume unwraps and accompanies the gaze towards the exploration of the space, an ups and downs of stairs, ramps and walkways that articulate the volume accommodating multiple functions: library, laboratories and auditorium, the latter being a majestic space, welcoming and protective, illuminated from the large round window that projects outside.
A public place that has nourished the civic value of this space over time; a milestone in the community of Segrate. The city today is very different from the one Guido Canella faced in the 1960s. Then, in addition to the historic core of Segrate, the territory was dotted with many small rural villages and large farmhouses. An agricultural world that has been wiped out within a few decades. The airport infrastructure, the construction of the large railway terminal and the extensive logistics facilities have attracted large companies and multinationals that have chosen this area as the headquarters and place of residence of their employees. Hand in hand with the birth of industrial districts, the creation of new settlements. “To build Milano Due, they bought three large farmhouses with annexed rural land” tells us a talkative passerby.
Many satellite areas are born, many mono-functional and autonomous realities, unable to dialogue with each other. These include the distribution corridors, the accesses to the industrial areas and the new construction sites of the transport infrastructure which continues to increase the connectivity of the business world of Segrate with the outside world and meanwhile creates inaccessible islands in an urban archipelago.
Among more or less recent industrial clusters, the spaces below the great road network are rediscovered as places of the plural and contemporary metropolitan community.
Questo lavoro è il risultato di quattro giornate di campagna fotografica che hanno dato vita a quattro storie, quattro identità distinte che cadenzano il ritmo narrativo di un racconto che esplora l’architettura e il suo rapporto con la storia del luogo e il suo presente. La fotografia documentaria offre uno sguardo lento per osservare gli elementi costitutivi di questi spazi e restituirne un’immagine, una rappresentazione che, benché parziale, è un tentativo di proporre una riflessione consapevole sui caratteri che contraddistinguono il territorio metropolitano. Una geografia urbana e suburbana fatta di ritmi diversi, “di natura policentrica e al contempo polimorfica, fatta di assemblaggi urbani di natura e dinamica diversificata che vedono la compresenza di forme territoriali nuove e antiche”.
Il racconto è il frutto di una visione costruita in collettivo. Siamo andati deliberatamente oltre lo spazio di pertinenza di queste opere del Novecento nel tentativo di fornire un ulteriore livello di analisi e di comprensione delle dinamiche che hanno generato il paesaggio urbano con cui si confrontano oggi.
Percorrendo il territorio, immedesimandosi e isolando gli elementi che compongono lo spazio, la fotografia riassegna un ordine alla realtà, porta con sé nuovi significati e nuovi immaginari.
This work is the result of a 4-day photographic exploration that gave rise to four stories, four distinct identities that mark the narrative rhythm of the story delving into the architectural works and their relationship with the history and the present dynamics of the places. Documentary photography offers a slow gaze to observe the elements of the space giving back an image, a representation which, although partial, is an attempt to support a conscious reflection on the characteristics that distinguish the metropolitan territory. An urban and suburban geography made up of different rhythms, “of a polycentric and at the same time of polymorphic nature, urban assemblages of a diverse nature and dynamics that see the coexistence of new and old territorial forms.
This story is the result of a shared and collectively shaped vision. We deliberately went beyond the space of proximity of these twentieth-century works in the attempt to provide a further level of analysis and understanding of the dynamics that generated the urban landscape they are coping with today.
Treading the territory, selecting and isolating the elements that shape the space, photography reassigns an order to the reality, assigning new meanings and new imaginaries.